domenica 15 novembre 2015

Peppino Impastato; un giullare contro la mafia

Il connubio tra fumetto e giornalismo è ormai consolidato da alcuni anni e non si rivolge, come si potrebbe credere leggendo “Pyongyang” o “Palestina”, solo all’attualità ma esplora, con la capacità di riflessione che concede il tempo trascorso, anche gli eventi passati e la vita di coloro che, raccontandoli, ne sono stati anche protagonisti.
Non è casuale dunque che i graphic novel che raccontano la vita di due persone che hanno fatto informazione, Ilaria Alpi e Giuseppe Impastato, siano stati scritti da un giornalista, Marco Rizzo.
Pubblicato in coincidenza con il 31 anniversario del brutale assassinio, “Peppino Impastato; un giullare contro la mafia” inizia con il rabbioso grido di Felicia Impastato, madre di Giuseppe, contro Gaetano Badalamenti, “Don Tano Seduto”, condannato poi come mandante dell’omicidio, e ripercorre a ritroso tutti gli eventi che portarono al processo.
La pagina forse più rappresentativa del fumetto è quella in cui Peppino Impastato spiega ai contadini che il motivo per cui si costruisce la terza pista dell’aeroporto di Punta Raisi sono i soldi che vengono spartiti con gli appalti.
Di fronte a questi spariscono gli espropri forzosi delle terre dei contadini e l’insensata scelta di un’area del tutto inidonea all’atterraggio di aerei, schiacciata com’è tra il mare e la montagna e tormentata dal forte vento di scirocco.
La pagina comprende l’intervento di un membro del partito comunista, che assicura il sostegno di un avvocato, e la risposta sincera di Peppino: “Scusa ma queste sono minchiate, Pinuzzo! Dov’è il partito adesso? Lo vedi chi c’è in questa stanza?”.
Si coglie in questa frase tutta la modernità ed il senso dell’attività di Peppino Impastato, vicina alle persone ed ai fatti e schiva dai compromessi della falsa politica che, allora come oggi, finge di occuparsi dei problemi per ottenere una moneta di scambio utile a costituire alleanze con altri poteri contro i cittadini.
L’assenza dello stato è il filo conduttore del fumetto e della vita di Peppino Impastato, che colmava, con le irriverenti trasmissioni di Radio Aut e con la sua attività di denuncia dei legami tra la mafia e l’amministrazione pubblica di Cinisi, il vuoto di giustizia e controllo con cui le istituzioni hanno permesso il proliferare delle infiltrazioni mafiose nella vita pubblica.
Lo stesso vuoto ha rischiato di inghiottire l’assassinio di Giuseppe Impastato, mascherato da attentatore dalle autorità inquirenti che hanno impiegato anni a riconoscere la matrice mafiosa del delitto e che non sarebbero giunte all’identificazione del responsabile senza le denunce della madre, del fratello e degli amici di Peppino.
Le ultime pagine del fumetto, disegnate da Lelio Bonaccorso con tenero rispetto delle figure narrate, mostrano Peppino Impastato camminare ancora in corteo per le strade di Cinisi con quanti manifestano contro la mafia, com’è stato fatto ancora in questi giorni, cosa inammaginabile trent’anni fa. L’immagine non è fantasiosa perché si chiama Peppino Impastato l’idea dell’impegno personale, singolo e collettivo al tempo stesso, di ogni cittadino contro la mafia in difesa dell’ideale di uno Stato fatto da cittadini onesti.
Quest’idea, purtroppo non ancora abbastanza diffusa, è viva e chiede a tutti di essere difesa, come la memoria di Peppino e di tutti quelli che ancora la mafia cerca di offendere con il discredito.
“Peppino Impastato; un giullare contro la mafia” con le interviste e gli apparati da cui è corredato costituisce un documento duttile e universale, una difesa dell’immagine e delle parole di Peppino che tramite il linguaggio del fumetto tocca l’animo del lettore.

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